Nel 2011 una società che opera nel campo delle resine e vernici industriali riceve il provvedimento che include “l’attivazione entro e non oltre 10 giorni dalla data di ricevimento della presente nota di idonee misure di messa in sicurezza attraverso l’emungimento delle acque di falda e il successivo trattamento/smaltimento, al fine di impedire la diffusione della contaminazione a valle idrogeologico dell’area in oggetto”.
L’azienda risponde con una comunicazione e “relazione tecnico-ambientale dalla quale emergevano le ragioni per cui non avrebbero potuto essere adottati interventi di messa in sicurezza d’emergenza”.
Nell’Aprile 2011 in risposta alla sua comunicazione, l’azienda riceve un ulteriore provvedimento nel quale si ribadisce l’ordine di procedere alla «attivazione immediata di idonee misure di messa in sicurezza d’emergenza»; alla «realizzazione, entro e non oltre 20 giorni dalla data di ricevimento della presente nota, dei piezometri proposti»; alla «esecuzione di un monitoraggio delle acque di falda»; alla «trasmissione, entro 60 giorni dalla data di ricevimento della presente nota, del Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque di falda».
L’azienda impugna i provvedimenti ricevuti per i seguenti 4 punti:
“1) violazione dell’art. 242, comma 11, e dell’art. 240, comma 1, lettere m) e t), del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; […] in quanto nel caso di specie, essendo il sito de quo caratterizzato da contaminazioni storiche […] non sussisterebbero i presupposti per ordinare la messa in sicurezza d’emergenza, […] anche allo scopo di evitare che l’indiscriminato emungimento delle acque sotterranee […] possa addirittura provocare un aggravamento del rischio di inquinamento ambientale;”
“2) illogicità e irragionevolezza dell’azione amministrativa e difetto di istruttoria e di motivazione, in quanto l’ordine di messa in sicurezza di emergenza (MISE) non dà conto in alcun modo delle informazioni già acquisite dall’amministrazione con le relazioni di caratterizzazione e del pericolo di aggravare la situazione ambientale;”
“3) violazione dell’art. 242, commi 4 e 7, e dell’art. 252 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152; […] in quanto l’ordine di trasmettere entro 60 giorni il Progetto Operativo di Bonifica delle matrici ambientali suolo ed acque di falda confligge con la previsione del Codice dell’ambiente che indica come prodromica la predisposizione, e quindi l’approvazione, del documento di analisi di rischio;”
“4) violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, violazione delle norme sul giusto procedimento per essere gli ordini gravati del tutto immotivati.”
Il 15.07.2013 il TAR della Campania, nel confermare la tesi dell’azienda, ha disposto l’annullamento delle relative prescrizioni.