Il costo dell’acqua in Italia è tra i più bassi d’Europa sostiene il CENSIS nel numero 4 del Diario della Transizione. E’ anche noto che la qualità dell’acqua di rete pubblica, nonostante la normativa nazionale, è molto variabile e localmente molto scarsa per elevati contenuti di Calcio, Manganese, Ferro, Vanadio, Magnesio, Selenio, Solfati, Boro, Fluoruri, Nitrati, composti organici ed anche Arsenico.
Entrambe le forme chimiche dell’Arsenico sono tossiche per l’uomo con effetti che possono dimostrarsi cancerogeni: lunghi periodi di esposizione possono provocare anche tumori della pelle o degli organi interni come fegato, colon, cervello. Per questa ragione l’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, ha stabilito un limite massimo di tolleranza a 10 μg/l.
Il limite Arsenico in acqua pubblica in Italia è stato a lungo pari a 50 µg/l, e finalmente ridotto a 10 µg/l con il recepimento della direttiva europea del D.Lgs. 31/2001.
In molte aree del nostro Paese la riduzione a 10 µg/l della concentrazione di Arsenico è un problema, poiché tale composto è presente nel sottosuolo (e negli acquedotti) in concentrazioni maggiori e l’adeguamento al “nuovo” limite non è/era semplice ed economico.
Per quasi un decennio alla UE sono state richieste, ed accolte, tre richieste di deroga per l’Arsenico per mantenere il limite di 50 µg/l, in luogo di 10 µg/l dalla seguenti sette Regioni: Lazio, Campania, Toscana, Umbria, Lombardia, Trentino Alto Adige.
Il limite di Arsenico nelle acque di acquedotto 5 volte superiore
Il limite 5 volte superiore, da 10 µg/l a 50 µg/l, ha causato una anomala contraddizione legislativa, anche considerando che nessuna deroga è stata apportata al limite dell’Arsenico nelle acque sotterranee, il cui limite è pari a 10 µg/l [Tabella 2, Allegato 5, Parte IV del D.Lgs. 152/2006], ovvero i cittadini delle sette Regioni italiane coinvolte dalla deroga, che hanno utilizzato o utilizzano le acque della rete pubblica con Arsenico >10 µg/l, scaricandola al suolo ad esempio per irrigare, sono tecnicamente responsabili di potenziale contaminazione di suolo e sottosuolo. Avvelenamento di acque, art. 439 del Codice Penale: “Chiunque avvelena acque […] prima che siano attinte o distribuite per il consumo, è punito con la reclusione non inferiore a 15 anni […] “: insomma il danno e la beffa! Senza parlare dell’inquinamento della catena alimentare: quanti bambini di Viterbo o Cisterna di Latina in tutti questi anni hanno mangiato pane o altri alimenti preparati con acqua ed arsenico?
Il problema dell’Arsenico riguarda molte aree del Pianeta: è un elemento presente naturalmente in alte concentrazioni nel sottosuolo in alcune aree, da cui sarebbe utile evitare l’emungimento di risorse idriche a scopo potabile. L’ultima deroga UE è terminata il 31.12.2012, quindi a gennaio 2013 Sindaci ed Assessori di molti Comuni d’Italia hanno dovuto dichiarare che l’acqua del rubinetto non era potabile a causa della presenza di Arsenico in concentrazione > 10 µg/l.
I richiami dell’UE all’Italia hanno consentito lo stanziamento decine di milioni di euro, anche fondi europei, per equipaggiare gli impianti di erogazione di acqua con importanti depuratori dedicati all’abbattimento dell’Arsenico e finalmente la Regione Lazio ha comunicato che dal 1 gennaio 2015 sono entrati in funzione 60 impianti di de-arsenificazione nell’area di Viterbo e consentiranno la distribuzione di acqua priva di arsenico nei rubinetti. Speriamo soluzioni anche per gli altri 36 territori segnalati a Luglio 2014 dal Commissario Europeo per l’Ambiente Janez Potočnik e speriamo soprattutto si possano pianificare reti di acquedotti con risorse idriche stabilmente miscelate, per migliorare la qualità delle acque e ridurre la dipendenza dai depuratori.
La relazione di sintesi della Commissione Europea del Giugno 2014 sulla qualità delle acque nella UE si conclude con i seguenti 5 punti e segnala l’importanza dell’analisi di rischio come efficace strumento di gestione e controllo parametrico (peccato sia assente una menzione agli European Water Standards):
- la fornitura di acqua di alta qualità, specie nelle aree remote e rurali, deve essere migliorata. Gli approvvigionamenti piccoli che servono queste aree richiedono metodi di gestione specifici basati sul rischio e occorre studiare il ruolo che può svolgere la direttiva sull’acqua potabile a tale riguardo;
- gli approcci alla gestione dei grandi approvvigionamenti basati sul rischio consentirebbero un controllo e un’analisi parametrica più efficienti in termini di costo relativamente ai rischi individuati e offrirebbero inoltre migliori garanzie per la tutela della salute umana. Le metodologie di controllo e analisi devono riflettere i più recenti sviluppi scientifici e tecnologici;
- occorre prendere in considerazione le nuove informazioni scientifiche sui parametri chimici e d’altra natura relativi all’acqua potabile, conformemente alla revisione in atto delle linee guida dell’OMS relative all’acqua potabile, comprese le sostanze inquinanti emergenti;
- si devono utilizzare le moderne tecnologie dell’informazione e agevolare l’accesso alle informazioni ambientali, al fine di fornire ai consumatori una maggiore quantità di informazioni aggiornate ed esaminare il modo di collegare i vari dati ottenuti dai controlli alla preparazione delle relazioni e alle informazioni destinate ai consumatori;
- i tempi di attuazione e i meccanismi di deroga previsti sono obsoleti e trarrebbero beneficio da una generale operazione di aggiornamento e revisione.
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